Mille sfumature di rosso: il colore dei Santi, Papi e Re
Il rosso è il primo colore che l’uomo ha conosciuto e usato, sia nella pittura che nella tintura. Di rosso si vestivano i Re, i Papi e i cardinali. Di rosso era dipinta la tunica della Madonna.
La famiglia dei rossi è molto più estesa rispetto a quella di altri colori. Rientrano tra i rossi i pigmenti più vicini all’arancione, come il vermiglio, la terra di Siena Bruciata, l’ocra rossa. E poi i rossi intensi come lo scarlatto e alcune lacche, fino a quelli scuri e profondi con sfumature porpora, come il carminio.
Il rosso nell’antichità
Nonostante questa abbondanza, i pigmenti rossi nell’arte sono arrivati a poco a poco, anche se il rosso era già presente nelle pitture rupestri del paleolitico sparse un po’ in tutto il globo, dove è sempre presente, accanto al bianco e al nero.
Del resto, come scrive lo storico Michel Pastoureau, nel suo libro “Rosso, storia di un colore”:
Il rosso è il colore archetipico, il primo che l’uomo abbia padroneggiato, fabbricato, riprodotto, declinato in varie sfumature, prima in pittura e poi in tintura.
L’ocra rossa, o ossido di ferro, è presente in tutte le pitture del mondo antico. Si tratta di un pigmento inorganico ricavato da un minerale ferroso, detto ematite, dal greco αἷμα (haîma) – “sangue”. Resistente alla luce, stabile, coprente e non tossico, fu utilizzato soprattutto per gli affreschi. La tonalità variava o verso il marrone o verso l’arancione scuro.
I romani usavano un’ocra rossa di altissima qualità detta sinopia, per via della provenienza da Sinope, una località sul Mar Nero. Presto il sostantivo sinopia divenne sinonimo di ocra rossa, e i disegni preparatori degli affreschi, eseguiti con questo pigmento, si chiamarono sinopie.
Nel Seicento i chimici crearono una versione di sintesi dell’ematite, che i fabbricanti di colore commercializzarono con il nome Rosso di Marte, più intenso e vivace dell’originale.
Tuttavia, l’ocra rossa non soddisfava appieno gli artisti dell’epoca, da sempre alla ricerca di un rosso intenso e vibrante. Per questo si misero a macinare un minerale rosso detto cinabro, dal quale si ricavava un rosso arancio vivo ma altamente tossico, per via della presenza del mercurio. Non si trattava di una semplice terra come l’ocra, ma di una pietra semi-preziosa difficile da estrarre. Per questo gli alchimisti cinesi riuscirono a produrre un pigmento di sintesi, ottenuto mescolando zolfo e mercurio.
Il rosso nel Medioevo
In occidente il cinabro di sintesi arriva intorno all’anno mille, grazie agli arabi, e divenne noto con il nome di Vermilio. L’etimologia è affascinante. Il termine deriva infatti dal latino “vermiculum“, che significa “piccolo verme”, in riferimento all’insetto Kermes Vermilio, dal quale si estraeva un colorante rosso usato per tingere le stoffe. La confusione dei termini non deve ingannare: il vermiglio, o vermiglione, è un pigmento inorganico di sintesi e non ha nulla a che vedere con qualsivoglia insetto. La tonalità può variare da un rosso tendente all’arancione fino allo scarlatto.
Il vermiglione diventa presto il colore più ambito dai pittori medievali, e assieme all’oro e al blu oltremare primeggia nelle pale d’altare e nei preziosi codici miniati.
Tuttavia, proprio come il cinabro naturale, il vermiglione aveva un costo altissimo, tanto che molti lo tagliavano con polvere di mattoni o con il minio, un pigmento ricavato dalla calcinazione del bianco di piombo. Forse questa è una delle ragioni per cui il rosso era destinato alla Santa Vergine e a tingere le vesti dei Papi e dei Re.
Con la diffusione su larga scala della pittura a olio, nella seconda metà del quattrocento, il pigmento rosso vermiglio sembra spegnersi, perdendo tutto il suo fascino. Ma altre tonalità di rosso si affacciano all’orizzonte.
Le lacche
Per brillante che fosse il vermiglio, mancava nella tavolozza un rosso scuro e profondo, meno tendente all’arancione. Già gli antichi tintori avevano scoperto due coloranti organici, utilizzati per tingere le stoffe, che restituivano dei rossi vibranti con tonalità cha andavano dallo scarlatto al porpora.
Uno derivava da una radice, la cosiddetta Rubia tinctorum, detta volgarmente Robbia o Garanza, Madder in inglese. Il colore varia dal rosso-arancione al rosa-violetto, e il principio colorante era un composto detto alizarina, dall’arabo al-‘uṣāra, che significa “succo”.
Più antica era invece la tintura ricavata da un insetto, della famiglia delle cocciniglie, diffuso in tutto il bacino del mediterraneo. Si tratta del Kermes Vermilio, o verme della quercia, e dal quale si ricavava un colorante rosso vivo, che come abbiamo visto ha dato erroneamente il nome al pigmento inorganico di sintesi vermiglione.
Per applicarli nella pittura, i coloranti, che sono solubili, dovevano essere trasformati in pigmenti, quindi in una materia insolubile. Per questo venivano mescolati con sostanze inorganiche come l’allumina, e lasciati decantare. L’estratto, una volta seccato e in forma solida, poteva essere macinato e ridotto in polvere, dando vita alla cosiddetta lacca, un pigmento trasparente e brillante.
La lacca di Garanza e la lacca di Kermes davano diverse tonalità di rosso, dallo scarlatto, più vicino al vermiglione, al cremisi, tendente al porpora. Il grande maestro Jan Van Eyck sviluppò la tecnica delle velature, applicando leggeri strati sovrapposti di lacca di Garanza o di Kermes sopra il cinabro o il vermiglione per ottenere un rosso brillante e profondo.
Ma per avere rossi ancora più intensi bisogna attendere il Cinquecento. Con la scoperta delle Americhe arriva dal Messico, attraverso Spagna e Paesi Bassi, un nuovo colorante, usato largamente dagli Aztechi. Estratto dal Dactylopius Coccus, un insetto parassita presente nei cactus, restituiva una lacca, il cosiddetto rosso cocciniglia. Si trattava di una versione più intensa e colorante del Kermes, e presto ne prese il posto, prendendo il nome di Carminio.
I pittori fiamminghi, italiani e spagnoli divennero maestri nel sovrapporre velature di diversi rossi, portando l’uso di questo colore ai massimi livelli. Nelle opere seguenti, i rossi sontuosi sono ottenuti per velature di Garanza, Kermes o di Carminio su una base di Cinabro o di Vermiglione.
I pigmenti rossi moderni
A partire dall’Ottocento, la maggior parte dei pigmenti rossi vengono gradualmente sostituiti con nuovi colori di sintesi.
Nel 1826, due chimici francesi, Jean-Jacques Colin e Pierre-Jean Robiquet, isolano due coloranti distinti nella robbia: l’alizarina e la purpurina. Nel 1869 i chimici tedeschi Carl Gräbe e Carl Liebermann combinano l’alizarina con lo zinco, riuscendo cosi a sintetizzare il pigmento. L’alizarina cremisi è il primo colorante organico ad essere ricreato in laboratorio.
All’inizio del Novecento è la volta del vermiglione ad essere sostituito da un pigmento di sintesi: il rosso di Cadmio, derivato dal giallo di Cadmio, è un colore ricco e caldo, che i pittori adottarono con molto entusiasmo. Alcuni creando un certo scandalo, come per esempio il pittore americano John Singer Sargent.
Il rosso di Cadmio può coprire un’ampia gamma di tonalità di rosso e il nome del colore fornisce un’indicazione della sua esatta tonalità. Il Cadmium Red Light, ad esempio, è più tendente all’arancione, mentre il Cadmium Red Deep è una tonalità più marroncina. Tuttavia, per via della loro tossicità, i pigmenti a base di Cadmio sono via via sostituiti con colori “Cadmium free”.
Del resto, oggi i più diffusi sono i pigmenti organici di sintesi di ultima generazione, derivati da composti a base di carbonio e formulati per essere molto coloranti, saturi e resistenti. Dal 1954 il mercato offre i cosiddetti Chinacridoni, noti per i loro colori intensi e trasparenti, brillanti e resistenti alla luce. La gamma è usata dagli artisti soprattutto per i rossi freddi, il magenta, i rosa e perfino il viola.
Nel 1974 viene scoperto casualmente il Rosso Pirrolo, che divenne noto in seguito come “rosso Ferrari”. Intenso e resistente, è il perfetto sostituto del rosso di Cadmio. Del resto, la parola pirrolo deriva dal greco “pyrrhos”, che significa “ardente”, e si adatta bene ai pigmenti rossi e arancioni che fanno parte del gruppo.
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